Esiste un mondo sott'acqua.
Un mondo ancora non del tutto esplorato, anzi, esplorato solamente in minima parte.
Un mondo emozionante, fatto di pesci, di piante, di pietre, di sabbia e di acqua, ovviamente. Ma anche fatto di luce, di riflessi, di colori, di linee, di sensazioni, di silenzio. Un silenzio che in effetti diventa assordante. Perché il mare parla, eccome se parla!
E quasi ci dispiace disturbarlo con il rumore intermittente della nostra respirazione e del battito del nostro cuore.
Ed ecco allora che, verificata l'attrezzatura, allagato il cappuccio, messo l'erogatore in bocca e dato il segnale di "ok, discesa!", il nostro corpo estraneo non appena si immerge nell'acqua diventa velocemente una componente di quell'ambiente apparentemente ostile, diventa un elemento sì aggiuntivo, ma assolutamente non visto come "pericoloso".
Siamo sinceri: chi, nuotando o facendo snorkeling, non ha provato un po' di paura guardando quel blu scuro quasi nero sotto di noi? Memori dei più spaventosi film horror ci siamo immaginati magari i peggiori mostri venire contro di noi, uno squalo gigante, una piovra assassina. E invece, immergendosi, ci si rende conto che man mano che scendiamo la luce continua ad esserci e quel blu scuro quasi nero è in realtà un bel blu acceso quando ci stiamo in mezzo! E allora iniziamo ad essere vogliosi di scoprire cos'altro ci aspetta sotto di noi.
Il peso, la pressione, la gravità, la vista, tutto cambia, seguendo leggi fisiche diverse da quelle alle quali siamo abituati e alle quali non facciamo più caso. Le regole sono completamente diverse. E ci meravigliamo osservando i pesci; ma i pesci quasi sembrano non stupirsi di “questa cosa buffa e scura”, come con tutta probabilità appariamo ai loro occhi curiosi.
E mentre ci muoviamo in assetto neutro, ci seguono, con lo sguardo (e molto spesso anche col corpo, contenti), scortandoci in questo meraviglioso mondo che è l'immersione.
Se ci pensate, passiamo i primi nove mesi della nostra vita in un liquido, per poi uscire e mettere piede sulla terra. E alla prima immersione, nel momento esatto in cui tutto il nostro corpo abbandona l'orizzonte conosciuto e calpestato ed è dentro l'acqua, in discesa, verso il punto di partenza dell'immersione, in quel momento è un po' come se rientrassimo in quell'ambiente materno protetto e ovattato.
E' come un tuffo in una vita precedente, oppure una rinascita.
Si entra, seppur in punta di piedi, in un mondo completamente diverso da quello che ci si poteva immaginare qualche minuto prima, ancora più particolare di come si può fantasticare guardando qualche documentario in televisione. Si va ben oltre le aspettative.
D'altro canto è veramente un mondo diverso. Una distesa di fiori, una pianura, una montagna, un'isola, per quanto possano essere distanti da noi le vediamo e, anche se non nei dettagli e nei particolari, capiamo di cosa si tratta e di come sono fatte. Ma sott'acqua? Cosa ci sarà? E' un pianeta diverso, che non vediamo e non ci circonda ogni minuto della nostra giornata.
Provate a chiudere gli occhi e a immaginare di riaprirli in un ambiente tutto completamente blu e silenzioso. Continuiamo? Ora immaginate di essere dei paracadutisti. Con la subacquea, come dei paracadutisti riuscirete a provare l'emozione del volo e del vuoto, potendo però decidere di accelerare, rallentare e andare su o giù di quota, nuotare a testa in su o a testa in giù, o addirittura di profilo, mentre magari osserviamo la fiancata di un relitto o una parete alla ricerca di un'aragosta, un polpo o un nudibranco.
Ovviamente le emozioni che si provano sono inevitabilmente soggettive e in tutta onestà sarebbe molto difficile descriverle bene ed elencarle tutte: c'è chi chiude gli occhi e sogna, chi rimane imbambolato, chi si sente esploratore, chi si sente un cacciatore di tesori, chi un grande marinaio, chi un pesce, chi semplicemente libero e lontano dai pensieri quotidiani, che appaiono talmente tanto lontani e di poco spessore. E c'è chi si ferma a meditare. Ma tra tutte le sensazioni, una è senz'altro comune a tutti i subacquei: la passione. E questa passione va a braccetto con la curiosità sempre crescente, che ci spinge a volerci immergere ancora e ancora, tanto che, quando l'immersione finisce e viene commentata con i compagni (debriefing), l'enorme gioia si mischia alla tristezza per l'aria quasi esaurita nella bombola che non ci ha consentito di stare sotto ancora qualche minutino in più.
Ma attenzione: man mano che aumenta la sensazione di essere in simbiosi con questo mondo, mentre ci sentiamo parte ben accetta di questo scenario a noi alieno, non dobbiamo mai dimenticarci che alla fine non siamo a casa nostra. Siamo ospiti. E ci dobbiamo muovere con l'educazione, il rispetto e le regole che possano consentire a questa nostra grande madre che è il mare, di continuare a dire “vieni pure subbo, qui sei ben accetto!”.